di Francesca Marchesi*

Re-education is not a process

of adding something, but of restoring something.

F. M. Alexander (1869 – 1955)

 

Sono le 17.00. Silvana arriva puntuale per la sua lezione di Alexander Technique. Il canto è la sua professione ma qualcosa ha smesso di funzionare dopo la nascita della sua bambina. Ci mettiamo in piedi, vicine alla finestra; poggio delicatamente la mia mano destra sulla sua nuca, e le dita della sinistra sul suo fianco, poco sopra l’articolazione dell’anca. La sua schiena si allunga e la respirazione si fa profonda e ampia. I miei gesti sono un linguaggio che lei comprende ed a cui dà seguito modulando l’assetto del proprio corpo; prende uno spartito e mentre canta le mie mani le “parlano”, dando indicazioni alle sue spalle, alle ginocchia, al torace. Ha imparato in fretta, la Tecnica Alexander le ha dato la capacità di individuare tensioni insospettate e cambiare atteggiamenti dannosi divenuti abitudinari; la sua tecnica vocale ne ha tratto vantaggio, ed ha perfino superato difficoltà di vecchia data.

Le 18:30: sono pronta per la prova del coro. Scendo le scale con la borsa pesante di spartiti e la testa piena di pensieri; raggiungo la mia auto e mi siedo, allungo le gambe verso i pedali, allaccio la cintura, parto. Dopo pochi minuti, ferma ad un semaforo rosso, con le mani sul volante e gli occhi fissi sulla strada mi sento improvvisamente scomoda e pressata da forze invisibili: sto respirando impercettibilmente e avverto poco sotto le scapole una sensazione di frammentazione e fatica. Quale momento migliore per fare un po’ di Alexander Technique? Inizio col cambiare le direzioni del mio corpo: lascio che la mia testa vada verso l’alto, che il collo, seguendola, si estenda con naturalezza. Lascio che le spalle si rilassino allontanandosi l’una dall’altra e subito scatta un respiro profondo, poi un altro, ed un altro ancora. La cassa toracica si apre morbidamente ed il diaframma sale e scende con libertà. La colonna si allunga e la schiena si ricompatta. Sono passati pochi secondi, sono sempre ferma in auto al semaforo, ma qualcosa di vitale ha ripreso a circolare dentro e fuori di me.

Un passo, un altro, raggiungo il portone e salgo le scale, eccomi nella sala prove. In piedi, iniziamo a scaldare la voce e ne approfitto per riprendere a “dirigere” il mio corpo: lascio che la mia testa vada verso l’alto, che il collo si estenda spontaneamente seguendola. La colonna si allunga, ma faccio attenzione a non inarcare la schiena e, al contrario, penso di allargare internamente il torace mentre la testa continua ad indicare la direzione verso l’alto. Libero le spalle e le braccia da qualsiasi sforzo lasciandole cadere pesanti lungo i fianchi. Poi ammorbidisco le ginocchia e sento i muscoli delle cosce vivi ed attivi. Si allenta la pressione sulle lombari, il mio peso scende verso le piante dei piedi. L’addome si fa più tonico e le anche diventano soffici e mobili, il bacino bascula impercettibilmente, leggero e pesante ad un tempo. Sento il mio corpo pronto a fare da propulsore, da cassa di risonanza; la mia voce si può affidare a lui.

Mi sono imbattuta nella Tecnica Alexander più o meno a diciotto anni ad un seminario di flauto traverso, il mio strumento. Ho provato subito una fortissima curiosità perché non c’era bisogno di un abbigliamento “da palestra”, né di essere particolarmente atletici; bastava dirigere con attenzione e calma i propri movimenti. L’insegnante sembrava apprezzare quel che riuscivo a fare mentre le mie energie crescevano, e con loro la mia tranquillità interiore. Quell’incontro si fece consuetudine: avevo sempre un motivo per fare lezione di Tecnica Alexander, dal desiderio di suonare con più scioltezza, a quello di sentirmi più rilassata. Non sapevo ancora che avevo intrapreso un cammino dalle molte tappe: avevo iniziato provando il beneficio di un diffuso e temporaneo rilassamento; in seguito compresi meglio quali atteggiamenti assumere e quali diradare; riuscii dopo a superare consuetudini nocive e radicate nella muscolatura e nella mia personalità, a favore di un equilibrio psicofisico più consapevole ed elastico. Era sempre più chiaro che stavo affrontando un lungo percorso per imparare a prendermi cura di me nell’incontro/scontro con le cose di tutti i giorni.

La Tecnica Alexander ha contribuito fortemente alla mia consapevolezza psicofisica: ho imparato ad avere più attenzione a me stessa ed agli altri, ho acquisito capacità di dedicarmi ad attività impegnative, pazienza di fronte alla necessaria lentezza con cui si stabilizza un cambiamento, indulgenza di fronte alla mia “imperfezione”. Forse per tutto questo dovreste provare! … vi pare poco?

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* Francesca Marchesi è flautista e si è diplomata in Didattica della Musica. È insegnante del Metodo Alexander dal ’92; svolge attività didattica e divulgativa presso Conservatori, Scuole di Musica, Associazioni Musicali e

Cori. Da circa vent’anni si dedica alla pratica corale come soprano. Canta nel “Coro Rodolfo del Corona” di Livorno diretto dal Maestro Luca Stornello.