di Federica Felici*

This isn’t breathing: it’s lifting your chest and collapsing

F.M. Alexander (1869 – 1955)

Quante volte ci è capitato di respirare facendo esattamente così, gonfiando il petto e poi crollando?

Quante volte nella nostra quotidianità alterniamo, senza rendercene conto, azione e rilassamento?

In una parola: quante volte interferiamo nel modo in cui usiamo noi stessi? E se ci prestassimo attenzione, potremmo “fare meno”?

Questa fu la domanda che si pose l’attore shakespeariano F.M.Alexander afflitto, all’apice della sua carriera, da una persistente ed invalidante raucedine causata appunto da un’erronea ed eccessiva attività muscolare. A seguito dell’intuizione che ebbe per affrontare tale disturbo, utilizzò l’attenta osservazione e la consapevolezza dell’uso di sé e delle proprie errate abitudini posturali, come peculiare metodica alla base del percorso di rieducazione vocale che lo rese famoso e molto richiesto negli ambienti teatrali ed intellettuali dell’epoca. Fu attivo a Londra i primi del ‘900 e definito “the breathing man” per le sue ricerche e pubblicazioni sul respiro e sulla voce; la tecnica che porta il suo nome è ancora oggi un punto di riferimento per i performers di tutto il mondo.

Il contributo che questa disciplina può offrire a chiunque sia interessato a migliorare le proprie prestazioni espressive e comunicative e ad ottenere anche sul palcoscenico quel senso di agio, coordinazione ed equilibrio così spesso ricercati, è un semplice ma sostanziale cambio di prospettiva, uno spostamento di accento, un nuovo riassetto della persona. Questa particolare condizione è facilitata da un’esperienza sensoriale prodotta dal lieve contatto delle mani dell’insegnante e dalle sue indicazioni verbali che rendono immediato ed efficace il rilascio di tensioni non desiderate. Non si tratterà quindi di acquisire nuove ed ulteriori competenze specifiche ma, al contrario di considerare quanto il permettere che il respiro fluisca senza ostacolarne il tragitto con abitudini psicofisiche di cui non si è coscienti, possa determinare una libertà di movimento della gabbia toracica, del diaframma e di tutto l’apparato respiratorio, che consenta un’emissione sonora senza sforzo, per poter cantare appunto…a voce libera!

La T.A. non si interessa alle giuste posizioni bensì alle giuste direzioni ed invita l’allievo a favorire l’allineamento e l’allungamento della colonna vertebrale. Questa intenzione viene attivata dal thinking in activity ovvero dal semplice pensare a se stessi mentre si svolge un’azione, focalizzandosi sul come desideriamo organizzarci; in definitiva é una questione di presenza!

Il Direttore ed il proprio Coro, se opportunamente accompagnati dalla pratica di insegnanti esperti in questo campo – a seguito di una serie di momenti esperienziali condivisi in un percorso di conoscenza e di destrutturazione dei propri modelli di comportamento forse non sempre efficienti e adeguati – avranno la possibilità di avvalersi di immagini, terminologia e finalità comuni. L’apporto sarà incentrato su una volontà chiara di favorire la presenza attiva di tutti i partecipanti, suggerendo loro indicazioni precise, invitandoli ad una presa di coscienza riguardo non solo alla respirazione ed a tutto ciò che riguarda strettamente la vocalità, ma anche alla consapevolezza corporea ed alla coordinazione della propria persona.

Il vostro collo è libero? La testa é indipendente e mobile? Siete consapevoli del vostro respiro, della libertà delle vostre articolazioni mentre cantate? Le vostre ginocchia sono rilasciate e flessibili? Avete percezione del contatto dei piedi sul pavimento? La vostra schiena è lunga e larga?” sono solo alcune delle domande che potrebbero offrire suggestioni particolari tali da creare, in ogni singolo individuo, un interesse ed un ascolto anche sensoriali, che concorrano ad originare quel “suono pensato e connesso”, così importante per la coralità.

Ecco quindi il mio, il nostro sogno: che possa esistere e circolare in ogni comunità corale il contatto con se stessi nell’atto di compiere, insieme, una delle cose più belle del mondo – cantare!

Perché questa Tecnica mi appassiona da sempre? Perché è semplice, elementare, funziona nell’immediato; perché non c’è niente di nuovo da imparare anzi, il corpo sa riconoscere il proprio naturale buon uso e può sperimentarlo nuovamente, con leggerezza e lucidità.

Richiede solo un po’ di osservazione e di interessamento per sé stessi, apertura e disponibilità al cambiamento (che, é garantito, avviene sempre in meglio) e poi … ascoltate e lasciatevi sorprendere!

  • Federica Felici, diplomata in violoncello e certificata nel Metodo Dalcroze, é insegnante di Tecnica Alexander dal 1992. Svolge attività didattica e divulgativa presso Conservatori, Scuole di Musica, Cori, Associazioni Musicali.  Canta come soprano nel Coro “Animae Voces” di Firenze diretto dal Mº E. Materassi.