di Cesare Ganganelli

 

Come spesso succede, in ognuno di noi le cose belle ti accadono senza poter dare loro una spiegazione razionale anche se, andando poi avanti negli anni capisci che in quel determinato momento, complice sicuramente anche un po’ di fortuna, hai comunque fatto la scelta giusta e, se si potesse tornare indietro, rifaresti nuovamente quella strada senza rimpianti o rimorsi ma con tanta convinzione e sicurezza.

Posso dire che per me è stato sicuramente così e rinnovo questo pensiero dentro di me ogni volta che mi ritrovo in concerto a dirigere un coro voltando le spalle al pubblico, ma con davanti a me tanti volti felici e grati di poter condividere quel momento magico che un concerto corale è capace di darti.

Da giovane studente della classe di Organo e Composizione Organistica del Conservatorio “F. Morlacchi” di Perugia e spronato dalla allora mia insegnante di Teoria e Solfeggio, decisi di “entrare in confidenza” con la classe di Direzione di Coro andando a vedere, per pura curiosità, come si svolgeva una lezione e cosa realmente facevano senza sapere minimamente che sarebbe stata una vera e propria folgorazione.

Trovai fin da subito un ambiente straordinario, super accogliente e stupendo anche da un punto di vista umano oltre che da quello più strettamente musicale. Tutto ciò mi portò a preparare con impegno l’esame di ammissione per poi trascorrere fantastici anni di studio, dodici per l’esattezza, caratterizzati da tanti esami, momenti di scoraggiamento seguiti poi da tanti altri molto gratificanti che mi hanno dato la carica giusta per raggiungere la tanto sospirata laurea di Primo Livello e poi, successivamente, quella di Secondo Livello. Non è una frase fatta dire che il Conservatorio è stato per me una seconda casa anzi, in certi periodi, anche una prima casa.

Ma cosa vuol dire per un direttore di coro esser direttore di coro?

Spesso mi trovo a disagio con il significato molto autoritario che il termine prettamente italiano di “direttore” si porta con sé, mentre apprezzo e sento molto più mio, la traduzione inglese di tale ruolo. Gli inglesi traducono la parola direttore con il termine conductor sottolineando perfettamente tutto il mondo nascosto che si cela dietro a quelle mani che si muovono e che all’apparenza possono sembrare prive di un senso o come una cosa della quale se ne può fare tranquillamente a meno.

Lasciando da parte per un po’ il termine italiano e facendo invece nostro quello inglese abbinandolo al verbo condurre (to conduct) dal quale nasce, mi piace pensare al fatto che esso, nella sua esatta traduzione, vuol dire proprio accompagnare, guidare e portare a buon fine qualcosa con l’aiuto di qualcuno.

Se ci pensiamo bene, il direttore di coro o meglio il choir conductor, non è forse la persona che guida poche o tante persone nel raggiungere un obiettivo comune e molto nobile come quello di fare arte insieme, accomunati dalla passione e dall’amore per la musica cercando di abbandonare per qualche ora a settimana (il tempo che dedichiamo alle prove con i nostri gruppi corali) i problemi e i pensieri che la vita ad ognuno di noi ci offre?

Ecco che allora, molto spesso per non dire sempre, mi sento un vero e proprio privilegiato nel mio ruolo da conductor a prescindere da tanti fattori, a mio avviso molto spesso secondari. A prescindere dal coro più o meno importante e più o meno intonato o stonato che ti ritrovi di fronte, sono sempre la persona alla quale tanta altra gente offre la sua fiducia e un bel po’ del proprio tempo libero sicuramente per stare un po’ meglio e non certamente per stare peggio e per tornare a casa, dopo la prova, ancora più turbati e indisposti.

Sempre bello ed emozionante poter percepire in modo inequivocabile il feeling che si crea fra direttore e coro e che si traduce molto spesso, in sede di concerto, nell’affrontare i vari incidenti di percorso che in una esecuzione possono nascere, risolvendoli con un semplice sguardo e che, molto spesso, danno origine a soluzioni non previste e non studiate a tavolino in sede di prova, ma spesso vincenti in termine di bellezza e naturale espressività che tutta la musica richiede.

Veramente tante sarebbero le cose da raccontare nonostante i miei pochi anni di esperienza, ma arrivando ad una conclusione, posso certamente dire che un direttore di coro, per esser tale, deve avere un coro. Deve avere quindi delle persone accanto con le quali costruire qualcosa di bello e gratificante per tutti, cercando di essere autoritariamente umile per saper condurre e per saper guidare i propri coristi a sfuggire dalla frenetica realtà della vita per assaporare i tanti insegnamenti che la musica corale offre.

Un sincero grazie sento di doverlo quindi rivolgere a tutti i coristi che leggeranno queste poche righe, perché senza di loro la bellissima realtà della coralità toscana più o meno amatoriale, certamente non esisterebbe.